Caro Berti,
con particolare soddisfazione ho preso visione del ricco, articolato programma di attività del “Calamandrei” per l’anno sociale in corso.
Una azione, quella del Centro da Lei presieduto, ispirata fin dalle origini a un progetto di pedagogia civile, in ossequio alla lezione sempre attuale del nostro Nume tutelare. Azione fortemente orientata a spargere – soprattutto nelle giovani coscienze – semi di libertà, di democrazia, di partecipazione attiva alla vita della comunità; impegno costantemente, tenacemente volto a dissodare il terreno per renderlo più ricettivo.
Lo sforzo sotteso all’attività del “Calamandrei” si compendia in una parola: Cultura. Il programma di questa stagione ne offre ancora una volta testimonianza.
Noi viviamo tempi difficili. Difficili perché una crisi economica di estrema gravità, per ampiezza e durata, mette in discussione modelli economici e stili di vita ritenuti acquisiti e irreversibili; difficili, perché eventi di dimensioni straordinariamente vaste ci pongono di fronte a realtà altrettanto drammatiche. Difficili, infine, perché la crisi di questi anni travalica i confini dell’economia.
La complessità dell’ora presente genera disorientamento e confusione; ecco allora che trovano spazio pulsioni e sentimenti, convinzioni e orientamenti che credevamo per sempre sanzionati dalla Storia.
Di fronte ai rischi di una regressione nei valori che connotano la nostra civiltà, quale si è andata configurando nella sua vicenda millenaria, occorre rafforzare le difese, stimolando la produzione degli anticorpi necessari a debellare un morbo che potrebbe rivelarsi fatale.
Conoscenza e memoria; confronto e riflessione; apertura e dialogo – sono questi gli anticorpi per contrastare il male insidioso dei pregiudizi, dei nazionalismi, delle discriminazioni, dei fondamentalismi di varia matrice. Non è appellandosi ai buoni sentimenti che si affrontano realtà di enorme complessità e in gran parte del tutto nuove. Occorre richiamarsi alla ragione e al discernimento, al coraggio delle idee e alla moderazione delle azioni; in breve a tutto ciò che si è sedimentato nella coscienza occidentale attraverso la Cultura in ogni sua declinazione.
Questo è l’invito che il “Calamandrei” rivolge soprattutto ai giovani: un invito “a prendere una coscienza più profonda della crisi e del suo significato allo scopo di suscitare le forze capaci di superarla“.
Così si legge nel preambolo dello statuto della Società europea di cultura, costituita nel 1950 per iniziativa di un gruppo di intellettuali europei che “uscendo dalle tenebre di una lunga notte e avendo intravisto con la liberazione le prime luci di un giorno nuovo, non potevano accettare la divisione del mondo in due blocchi contrapposti e la minaccia che ne derivava di una nuova catastrofe” (N. Bobbio).
Dell’alba di quel “giorno nuovo” che settant’anni fa suscitava in milioni di uomini e di donne la speranza in un mondo più sicuro e in Europa accendeva la scintilla dell’unità dei suoi popoli, non resti solo il bel ricordo da celebrare – sempre più distrattamente, con tono occasionale – nelle date canoniche. Piuttosto, si guardi a essa come alla consegna di una eredità di inestimabile valore, da amministrare con oculata intraprendenza, con la diligenza del buon padre di famiglia che avverte su di sé la responsabilità di conservare integra quella ricchezza, conquistata a così caro prezzo, per le generazioni che verranno.
Con il pensiero affettuosamente rivolto a tutti i giovani che partecipano alle iniziative del “Calamandrei” e un augurio particolare per quanti di loro affronteranno tra poco l’esame di maturità, rinnovo a Lei, caro Berti, l’espressione del mio apprezzamento e della mia stima.
Cordiali saluti
Carlo Azeglio Ciampi
Palazzo Giustiniani, 4 maggio 2016